Congedo obbligatorio per la 2^mamma, dice la Consulta
Con la sentenza n. 115 del 2025, depositata il 21 luglio, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 27-bis del D.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, nella parte in cui esclude dal congedo di paternità obbligatorio le lavoratrici che, in una coppia di due donne, siano riconosciute come genitori nei registri dello stato civile.
La disposizione sul congedo obbligatorio di 10 giorni era stata introdotta con il D.lgs. 30 giugno 2022, n. 105, attuativo della direttiva (UE) 2019/1158 sull’equilibrio tra vita professionale e familiare.
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A sollevare la questione dell'equiparazione per le coppie omosessuali era stata la Corte d’appello di Brescia nel corso di una causa intentata da Rete Lenford – Avvocatura per i diritti LGBTI+ Aps, che denunciava una discriminazione da parte dell’INPS. Il problema nasceva dalla procedura informatica dell’ente previdenziale che, nella domanda di congedo, accettava esclusivamente l’indicazione del “padre”, escludendo la “seconda madre” legalmente riconosciuta.
Congedo al genitore 2: il ragionamento della Consulta
La Corte ha fondato il proprio giudizio sull’art. 3 della Costituzione, che vieta disparità di trattamento in assenza di ragioni oggettive
. È stata infatti ritenuta irragionevole la differenziazione tra il padre lavoratore di una coppia eterosessuale e la madre intenzionale di una coppia omogenitoriale femminile, quando entrambe le figure sono legalmente riconosciute e partecipano alla cura del figlio.
La sentenza richiama anche la precedente pronuncia n. 68/2025, ribadendo che il vincolo genitoriale nasce dall’assunzione condivisa di responsabilità.
Il diritto del minore a ricevere cura e attenzione da entrambe le figure genitoriali – siano esse biologiche o intenzionali – prevale su qualsiasi considerazione legata all’orientamento sessuale, come già sancito anche dalla sentenza n. 33/2021.
Di conseguenza, il beneficio del congedo – dieci giorni di astensione dal lavoro retribuiti al 100% – deve estendersi anche alla madre intenzionale, in linea con l’interesse superiore del minore.
Impatti e prospettive
La decisione della Corte rappresenta un passo significativo verso la piena equiparazione dei diritti delle famiglie omogenitoriali rispetto a quelle tradizionali.
Oltre a sanare un vulnus normativo, la pronuncia valorizza il principio di funzionalità della genitorialità: ciò che rileva, sottolinea la Consulta, è il contributo attivo e consapevole alla cura del minore, e non il genere del genitore.
Da evidenziare che tale concetto potrebbe essere esteso anche alle coppie maschili che abbiano ottenuto il riconoscimento del rapporto genitoriale tramite adozione in casi particolari (stepchild adoption).
Si attendono ora gli adeguamenti legislativi e di prassi da parte dell'INPS.